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SIAMO SPIATI SUL WEB?


Cellulari, Internet; Social Network, Skype, acquisti Online … Ogni volta che usiamo il Web diamo nuove informazioni su di noi. Non è pericoloso. Anzi. Si guadagna tempo e, in alcuni casi, anche denaro. C’è chi si lamenta perché su molti siti internet e sui social network la privacy è a rischio. Però la rivoluzione informatica porta vantaggi incalcolabili. Non solamente servizi nuovi è gratuiti, ma anche una richissima offerta di prodotti su misura. Ecco come Google, Facebook, Amazon, Apple, Microsoft e Skype ci stanno preparando a conquistarci. Anche se, in cambio, vogliono sapere tutto di noi.


Google. Il segreto sta nella “parola chiave”.
La miniera d’oro della propaganda in target sono le cosidette AdWords: si impostano frasi o parole legate alla propria attività o alla propria azienda e l’annuncio compare come link sponsorizzato quando qualcuno le include in una ricerca.
Tutto torna utile, niente è da buttare via, nemmeno un pezzetto di video riavvolto e poi rivisto su Youtube. E’ un gioco di ruolo e di ruoli che ingrassa tutti i colossi della rete: loro offrono decine di servizi cui mai potremmo rinunciare, senza chiedere, in cambio, nemmeno un centesimo; noi alimentiamo un business gigantesco di cui siamo artefici e, insieme, destinatari.
Il meccanismo funziona pure con il diffusissimo servizio Gmail: non perché ci sia chi legge la nostra posta, ma perché un sistema automatizzato rileva le parole chiave nel testo. Opzione che piace incredibilmente ai pubblicitari: sui forum e siti a loro dedicati si sprecano i consigli per intercettare i nostri veri desideri nei messaggi scambiati con i contatti più stretti.
La pubblicità, insomma, ha smesso d’inseguire, di affannarsi a sapere nel buio: riconosce chi ha davanti e sa a menadito che cosa vuole, deve solo ricordarglielo.

Facebook. Il “profilo” che diventa un mirino.
I “profili” degli iscritti fanno gola perché non sono costruiti da un computer, ma dagli iscritti stessi. E nel vendere gli spazi Facebook non va tanto per il sottile, usa ogni singolo dettaglio che gli comunichiamo: consente agli inserzionisti d’impostare filtri per fasce d’età, collocazione geografica, preferenze sessuali, tipo di lavoro, interessi, hobby. L’ultima novità è quella di riconoscere agli iscritti un credito di 10 centesimi di dollaro per guardare uno spot nel sito. E’ probabile che il meccanismo (e la remunerazione) crescerà se verrà arricchito con qualche forma di “targettizzazione”: da una parte le aziende saranno incentivate a investire, perché parleranno ai destinatari giusti, dall’altra quei destinatari staranno ad ascoltare perché otterranno una ricompensa.

Amazon e Apple. L’iTunes Store sa tutto di te.
La società della mela morsicata è stata fra le prime a sviluppare meccanismi per fotografare i nostri gusti: si è inventata Genius, un sistema che raccoglie le informazioni della libreria di iTunes e le invia a un cervellone che sforna proposte che fanno al caso nostro, tutte ovviamente pronte per essere acquistate.
Simile è la strategia del colosso dell’ecommerce Amazon, che tiene traccia di ricerche e acquisti per suggerire prodotti simili. Amazon, peraltro, è stato tra i precursori della pubblicità in target grazie al sistema degli affiliati, cui deve un’importante fetta dei suoi profitti. L’intuizione è stata quella di chiedere ai gestori di un qualsiasi sito di ospitare banner o segnalazioni di prodotti, riconoscendo una percentuale per ogni acquisto effettuato dai loro utenti. E il webmaster stesso che può scegliere cosa reclamizzare in base agli argomenti delle pagine o al suo pubblico di riferimento. Oppure può affidarsi a “Omakase”, parola giapponese che significa “lascia fare a noi”: è Amazon a incrociare una serie di dati per mostrare i prodotti giusti. E oggi l’azienda studia per il definitivo salto di qualità, per diventare leader nell’”advertising online”.

Microsoft e Skype. Tiro al bersaglio ai profili.
Quanto a Microsoft, anche l’azienda madre del sistema operativo più diffuso al mondo e della console Xbox ha capito che i profitti non si fanno solo con videogiochi e programmi.Perciò propone il “profile targeting”, il tiro al bersaglio tra i profili, che permette alle aziende di scegliere a quali utenti della chat Messenger o di Hotmail rivolgersi, scegliendo tra i 167 milioni di iscritti in tutta Europa su Windows Live. Oltre ai filtri classici, si possono impostare l’ora e il giorno in cui si collegano e il metodo di accesso per tipo di connessione e browser.
Il vero colpaccio, però, la Microsoft l’ha appena messo a segno acqistando Skype per 8,5 miliardi di dollari. Così l’azienda ha accesso ai 600 milioni di utenti del marchio leader delle telefonate in tecnologia Voip.

Sarebbe un bel voltafaccia rispetto a quanto dichiarava nel 2007 Steve Ballmer, l’ad della Microsoft, che accusò Google di leggere i messaggi Gmail per cucire avvisi su misura. Ma nell’hi-tech una manciata d’anni è un’era geologica e le aziende sono le prime a intuire quando conviene pentirsi. Anche perché la pubblicità personalizzata è diventata tendenza. E presto, con la proliferazione dei dispositivi portatili e una sinergia matura fra tv e internet, sarà la regola. Riconoscerà automaticamente quale membro della famiglia sta guardando la tv, è davanti al pc o ha in mano la tavoletta, e gli mostrerà gli annunci giusti. Certo, rimane da chiedersi se i consigli per gli acquisti ai tempi del web non sappiano fin troppo di noi o se riescano a semplificarci la vita. La domanda è lecita; la risposta rimarrà sempre una questione di punti di vista.


Panorama, 8 giugno 2011, anno XLIX N.24 (2351), Eviva! Siamo tutti spiati, Marco Morello.