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IL SUCCESSO DI TWITTER

Twitter è, subito dopo Facebook, il social network più dibattuto e tenuto in considerazione da chi studia gli strumenti più diffusi e potenti del Web 2.0. Il suo sistema di pubblicazione di messaggi da 140 caratteri ha conquistato larghe fasce di utenti, con un andamento in crescita, sia per quanto riguarda la quantità di tweet che vengono postati ogni giorno sia per numero di utenti iscritti. 

Se Twitter in questo periodo è probabilmente nel suo momento di massimo hype e popolarità, molto più complessa è la valutazione dei suoi effetti e della sua efficacia in termini di marketing e comunicazione. Due le scuole di pensiero trainanti: da un lato chi ritiene che i messaggi brevi di Twitter sono straordinari per trasmettere rapidamente informazioni promozionali, novità aziendali e notizie di interesse giornalistico, dall’altro chi sostiene che in realtà il rapporto segnale/rumore della massa di contenuti giornalmente postati via Twitter è troppo svantaggioso per garantire un’informazione fluida e significativa. I pessimisti che sostengono questa seconda posizione pensano infatti che anche nel caso in cui si selezioni con grandissima accuratezza la lista degli utenti che si decide di seguire, la massa di informazioni non pertinenti ai propri interessi o alle aspettative che si hanno è sempre troppo alta, perciò per trovare un tweet utile se ne devono subire almeno 10 inutili (quando va bene...). Questo rende snervante e svantaggioso lo sforzo di reperire informazioni rilevanti mediante Twitter. L’elevato tasso di abbandono del canale (il 60% degli utenti abbandona Twitter già il mese successivo all’iscrizione) si spiegherebbe proprio a partire da questo problema.

Innanzi tutto il numero di tweet e di utenti. Da marzo 2009 a marzo 2010 si passa da circa un miliardo e mezzo di tweet al giorno a dieci miliardi, mentre gli utenti (gli iscritti al servizio) crescono da circa 15 milioni a circa 80 milioni. Un’impennata vertiginosa. Ma che secondo la stima di Saleem non basta a portare Twitter a conquistare la totalità degli utenti del web: a suo avviso faranno uso del social network non più del 10% di tutti i netizen mondiali. Una previsione verosimilmente derivata da un confronto dei dati di crescita con quelli di abbandono e riferito al numero complessivo di utenti Internet stimato per i prossimi anni. 

Un dato che impressiona è che circa il 25% degli utenti di Twitter non ha follower. Molti di questi probabilmente non pubblicano affatto contenuti, ma non pochi verosimilmente pubblicano senza essere seguiti da nessuno, il che porta rapidamente al declino dell’interesse verso la piattaforma di comunicazione. Situazione simile, del resto, alla fetta di utenti che ha meno di 10 follower: quasi il 65% dell’intera popolazione di iscritti, che dopo non molto iniziano ad avvertire il senso claustrofobico di parlare a un pubblico sostanzialmente inesistente. Solo un 20% circa degli utenti è seguito da più di 11 utenti e solo un 5% supera i 50 follower. 

Di contro, guardando al numero di pubblicazioni giornaliere, più del 40% degli utenti non pubblica nulla, mentre quasi un altro 40% produce meno di 9 tweet. In pratica l’utilizzo del canale è a tutti gli effetti paretiano, ossia il 20% degli utenti genera almeno l’80% dei contenuti del social network. 

Ancora più interessante è la distribuzione dei contenuti per tematica, ossia, cosa effettivamente postano gli utenti. Solo una percentuale esigua di tweet fornisce informazioni interessanti e originali dal punto di vista giornalistico (news). Una percentuale altrettanto ridotta è costituita da messaggi di natura pubblicitaria e altrettanto grande è la quota degli utenti che utilizzano il mezzo per fare autopromozione (anche aziendale). Circa il 40% dei tweet sono frammenti di conversazioni, per lo più poco rilevanti per chi non ha seguito il dialogo sulla tematica specifica, mentre il 45% della massa di comunicazioni postate sono di carattere demenziale o del tutto autoreferenziale, privo di reale interesse per la quasi totalità degli utenti. Infine una percentuale inferiore al 10% dei tweet sono semplici repost di tweet già pubblicati (di qualsiasi tipo) e non fanno che aumentare l’entropia del canale. 

Ma quali utenti, in dettaglio, fanno uso di Twitter? Il 35% di visite al social network è effettuato da utenti assidui, che postano innumerevoli tweet ma rappresentano solo l’1% del totale. Un altro 41% di visite proviene da utenti regolari, che non inseriscono mai più di 50 post al giorno e che sono complessivamente il 27% degli utenti. Solo il 24% delle visite sono effettuate da utenti occasionali, che costituiscono il 72% degli iscritti al social network. Anche qui, si profila un nocciolo duro molto piccolo di utenti entusiasti che creano la gran parte dei contenuti del portale. La coda lunga degli occasionali in realtà copre solo un quarto di tutti i post presenti, che per mancanza di continuità finiscono spesso per non essere notati. 

Guardando infine la distribuzione demografica della popolazione di Twitter, si scopre che sono leggermente più numerose le femmine dei maschi, anche se la differenza in percentuale è poco apprezzabile. Le fasce d’età più presenti sono quelle che vanno dai 18 ai 35 anni (circa il 45%) e dai 35 ai 49 (circa il 23%). Quasi il 70% degli utenti, quindi, ha un’età compresa tra i 18 e i 49 anni. I ragazzi tra i 13 e i 17 sono poco più del 10%, stessa quota degli adulti sopra i 50 anni. Per quanto riguarda l’istruzione, quasi il 50% degli iscritti non hanno un diploma, una quota decisamente più alta rispetto alla media dei social network e molto più alta di quella dei frequentatori di blog, mentre i diplomati sono circa il 40%. Ad avere una cultura universitaria sono poco più del 10% di iscritti. 




Fonte: http://www.webmasterpoint.org/webmarketing/web-marketing/web-20/analisi-statistiche-utilizzo-twitter-utenti-comportamenti-contenuti.htmlArticolo di Pierluigi Emmulo

INVESTIMENTI PUBBLICITARI - PREVISIONI...

Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, gli investitori sono disposti a spendere di più su pubblicità online rispetto alla pubblicità su riviste e giornali. 

Secondo uno studio publicato giovedì scorso da eMarketer, la pubblicità online potrà generare 39,5 miliardi dollari di vendite entro quest'anno (un aumento del 23,3% a partire dal 2011) di fronte ad una somma di 33,8 miliardi dollari spesi per la stampa. 

Questa è una crescita impressionante che, soprattutto dal 2011, ha fatto un salto del 23% sulla spesa pubblicitaria online, secondo i calcoli di eMarketer. I ricavi dalla pubblicità online dovrebbero continuare a crescere nei prossimi cinque anni, anche se a un ritmo più lento, come mostrato nel grafico sotto. Si prevede che il totale degli investimenti pubblicitari online arriverà a quel tempo ai 62 miliardi dollari! 



Le previsioni per la stampa sono abbastanza chiari. Si stima che i mercati continueranno a tagliare i budget pubblicitari per la stampa nei prossimi cinque anni, spendendo 32,3 miliardi dollari nel 2016, il 10% in meno rispetto la cifra che hanno investito in annunci nelle riviste e giornali nel 2011. 



La spesa per la TV sembra di non essere in gran parte influenzata dal crescente budget per la pubblicità online, anche se il divario tra i due è destinato a scendere in modo significativo. Si prevede che sul mercato degli Stati Uniti si spenderanno 72 miliardi dollari in pubblicità televisiva nel 2016 (in crescita del 18,6% a partire dal 2011). 



Nel complesso, sembra che quest’anno sarà vantagioso per il settore, con un totale di crescita del 6,7% sulla spesa pubblicitaria - 169,5 miliardi dollari negli Stati Uniti. Secondo eMarketer aumenteranno anche gli investimenti sulla pubblicità e campagne di mobile advertising. Il totale della spesa dovrebbe raggiungere quasi 200 miliardi dollari entro il 2016, di cui investimenti onlinea rappresenteranno un terzo. 




Image courtesy of iStockphoto, alikemalkarasu
Fonte: http://mashable.com/2012/01/19/online-advertising-surpasses-print-2012/

COME PROGETTARE UN LOGO?

Quando si parla di logo si intende un insieme di simboli grafici e tipografici che identificano un'azienda o un prodotto in modo da differenziarlo dai suoi concorrenti sul mercato. Un logo dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:


1. Deve riflettere le caratteristiche di cio' che rappresenta.

In questo senso il logo non deve essere ingannevole, e neppure portare a pensare ad un prodotto diverso da quello su cui si sta lavorando. Deve riflettere esattamente le caratteristiche e la natura dell'azienda o del prodotto che rappresenta.


2. Deve essere originale. 

Un buon logo, per affermarsi sul mercato, deve essere diverso da tutti gli altri, facilmente riconoscibile ed identificabile con l'azienda o il prodotto che rappresenta. 


3. Deve essere compatto. 

Il logo rappresenta la sintesi estrema dell'azienda.


4. Deve essere adattabile. 

Un logo deve potersi stampare nei formati più disparati, dai più piccoli (biglietti da visita e gadget) ai più grandi (striscioni e manifesti) senza perdere leggibilità; e deve anche rimanere riconoscibile su diversi supporti che possono andare dalla plastica di una borsa al monitor di un pc (siti web). Un logo, inoltre, non deve perdere di immediatezza nemmeno quando stampato in bianco e nero.




Fonte: www.grafica.html.it